Tu sei qui

Racconto

Disegnatore di pace

Un racconto

di Emina Ristovic

Un giorno qualunque in una Sarajevo multicurale. Due ragazzini seduti su una panchina in un parco deserto. «Ci sarà la guerra anche da noi?» «Quale guerra?» «La guerra, insomma. Ne parlano tutti.» Marko scuote la testa e abbraccia l’amica. Si rifiuta di parlare dell’argomento, convinto di riuscire ad allontanare così la nube grigia che incombe su tutti loro. Non vuole dar retta agli adulti. Si dicono tante cose orribili nei momenti di rabbia. È solo un momentaccio. Passerà. Amina si svincola dall’abbraccio e lo guarda con serietà, dagli occhi neri scin-tillanti scivolano le prime lacrime. Marko è a disagio. Non sa che altro dire. Prende tra le mani il suo viso pallido e con entrambi i pollici asciuga le guance bagnate. Si scrutano senza parlare, incuranti del tempo che corre, come se vo-lessero congelare, consci del suo valore, quel momento unico. È la bambina a rompere il silenzio. «Papà dice che non possiamo vederci più. Tu sei… io sono… insomma. Siamo diversi. Siamo nemici.» Marko si alza di scatto, sbuffando dalla rabbia repressa da settimane. È stufo di quei discorsi incomprensibili. Anche suo padre gliene ha fatto uno simile. Nemici, ma che diavolo vuol dire? «Ma che dici? Non mi voglio separare da te!» «Non possiamo, Marko. Dobbiamo dirci addio. Ora e per sempre.» «Non ci penso proprio. Dimentica queste stupidaggini.» Amina si avvicina a lui e lo stringe forte a sé, poi si volta e se ne va, lasciando Marko solo e confuso. La guerra arriva all’improvviso, come tutte le notizie spiacevoli. Marko è co-stretto a crescere in fretta. Quando ci sono le sirene antiaeree, corre in cantina a nascondersi. Non smette mai, nemmeno per un’istante, di pensare all’amica d’infanzia. Ha sentito dire che il papà di Amina si è arruolato. Combatte contro i serbi. È uno dei militari più crudeli. Marko non ci capisce nulla, fino a ieri le loro famiglie si sono frequentate. Lui e Amina erano nati lo stesso giorno. La chiama, da che ha ricordi, sorella. Il mondo si è capovolto suo malgrado, sgretolandosi. Per quanto vorrebbe ricomporne i pezzi, non sa come farlo. La notte, sempre se riesce a dormire, Marko sogna la pace, che ha i contorni del viso della sua migliore amica. Nel sogno gli dice sempre di resistere: un giorno, a fine guerra, si riabbracceranno. È proprio quella speranza a mantenerlo in vita, insieme ai disegni. Quando non sente rumori dei carri armati e delle bombe, Marko affida ai colori e ai fogli bianchi i pensieri più puri di un’infanzia interrotta. Le immagini, tracciate da una mano tremante, mostrano dei bambini che giocano spensierati sulla piazzetta davanti alla scuola, spazzata purtroppo via con gli ultimi bombardamenti. Spesso disegna il volto di Amina, per non dimenticarla. Non ha saputo più nulla di lei. Spera con tutto il cuore che sia viva e al sicuro. Presto, si ripete poco convinto, la rivedrà. Presto, sospirano sua madre e la nonna, l'incubo finirà. Marko ascolta i loro discorsi, abbracciato al suo peluche preferito: l’orsacchiotto azzurro, il regalo di Amina. Nella testa sente ronzare tante di quelle domande senza risposta. La pace dov’è? Perché è così lenta ad arrivare? Cosa deve fare per convincerla di riportare a casa Amina? E se le scrivesse una lettera, o meglio se le facesse un disegno degno di un vero artista? Dev’essere perfetto, pensa Marko, mettendosi all’opera. Prende i fogli a righe dal quaderno della scuola e dall’astuccio tira fuori i pennarelli. Alcuni si sono seccati e non funzionano, ma non si scoraggia. Usa i colori che brillano ancora per dipingere il quadro più bello che si sia mai visto. Il quadro che parla di un amore e una speranza che non moriranno mai.