Tirana - Niko è un cinquantenne ex segretario del Partito Comunista Albanese ed ex professore. Suo figlio Mikel è emigrato in Italia ma lui non ha notizie da tempo anche se con regolarità giungono soldi alla famiglia in Albania.
Niko, raccimolato il denaro, decide quindi di organizzare il viaggio per l'Italia, dove vuole rintracciare suo figlio, scoprire che fine ha fatto e che cosa è diventato.
Il piccolo Moctar, costretto a lasciare la sua casa e gli amici più cari per raggiungere il padre emigrato in Francia, non riesce ad adattarsi alla nuova vita. Le sue inquietudini e le sue angosce si materializzano in una iena che lo insegue, perseguitandolo, ovunque lui vada. Non è pazzia; solo Paulo, però, lo capisce e lo aiuta a sconfiggere le sue paure affrontando la iena.
Due faccendieri italiani, Fiore (Michele Placido) e Gino (Enrico La Versa), vivono l'Albania post-comunista. Loro vogliono comprare una fabbrica statale per pochi soldi, ma c'è un ostacolo: hanno bisogno di un socio albanese. Trovano il candidato ideale in un ex leader del regime, Spiro Tozaj (Carmelo di Mazzarelli). Si tratta di un vecchio malato, matto e solo, che ha scontato trent'anni di lavori forzati… Tutto va per il verso giusto: Fiore torna in patria e lascia Gino con le tasche piene di soldi in un paese straniero dove basta essere italiani per ottenere quello che si vuole. Ma alla vigilia di concludere il contratto, il vecchio fugge…
Liegi. Igor, giovane adolescente, è apprendista meccanico, ma la sua attività principale è assistere il padre Roger nei traffici illegali di manodopera di immigrati clandestini. Un giorno, nell’edificio che alcuni immigrati stanno ristrutturando agli ordini di Roger, arrivano due ispettori del lavoro: nel fuggi fuggi generale un immigrato africano, Hamidou, cade da un ponteggio e si ferisce mortalmente. Prima di morire Hamidou chiede a Igor di badare alla moglie Assita e al loro bambino. Di nascosto dal padre, Igor promette e cerca di mantenere fede alla promessa. Quando intuisce che il padre vuole sbarazzarsi anche di Assita vendendola come prostituta, Igor fugge con lei e il bambino. Ma il rapporto tra i due non è semplice…
Emmi è una vedova tedesca di sessant'anni che lavora come donna delle pulizie. Vive sola, non parla mai con nessuno e non riceve visite, neppure quelle dei suoi figli che sembrano averla dimenticata. Una sera, in un locale, Emmi conosce Alì. A farli incontrare è la solitudine e l'emarginazione.
Alì è un trentenne operaio marocchino che soffre l'isolamento degli stranieri.
Contro le resistenze dei rispettivi ambienti sociali, i due decidono di sposarsi, ma le pressioni sono sempre più forti e la situazione pesantissima. Emmi viene emarginata dalla famiglia e dai vicini: ciò che li fa uscire dai gangheri è il fatto che una “buona donna tedesca“ si sia scelta un uomo di colore. Alì viene condannato per aver sposato una donna più anziana.
Ali ed Emmi decidono quindi di partire per una breve vacanza e al loro ritorno miracolosamente troveranno l'ambiente che li circonda totalmente cambiato.
Alì ed Emmi sono il centro di questa pellicola di Fassbinder e sono gli unici esseri umani che egli decide di rappresentare. Certo sono circondati da altri personaggi, ma questi ultimi sono solo delle caricature di cui il regista si serve per illustrare le contraddizioni della società contemporanea.
L’amicizia tra due ragazzi non ancora adolescenti costretti a diventare adulti troppo in fretta: Mario, un bambino di strada, capace di muoversi con insolente padronanza per le vie di Managua, in Nicaragua e Enrique, cercatore d’oro di 14 anni, in fuga dalla povertà e da una vita senza prospettive.
Il viaggio di Enrique alla ricerca del fratello maggiore in città sarà un percorso non solo geografico, ma soprattutto un tragitto di iniziazione dell'età adulta, alla scoperta di un mondo rovesciato dove i bambini si comportano da adulti e questi ultimi appaiono lontani, distanti, evanescenti come fantasmi.
«Ci sono storie che non vengono mai raccontate, che restano custodite tra le strade che le vedono nascere, senza superare mai i confini dei loro luoghi originari. Le storie di alcuni bambini di Managua sono di questo genere.
Una precedente esperienza lavorativa nel paese centroamericano mi aveva lasciato in eredità un chiodo fisso: raccontare la condizione dell'infanzia in questo paese, perché mai avevo assistito in vita mia a tale ingiustizia, bambini obbligati a crescere in fretta per poter sopravvivere. Managua non è solo la capitale del Nicaragua – crocevia obbligato per chi si sposta da una parte all'altra del paese in cerca di una vita migliore - ma anche il luogo che meglio riflette il senso di totale abbandono del mondo infantile.
Per le sue carattertistiche architettoniche – gli ampi centri commerciali anonimi come ovunque nel mondo, le strade a tre corsie costellate dai cartelloni della Pepsi che sovrastano le rovine del terremoto e gli echi del passato sandinista – meglio di ogni altra città rappresenta il punto di rottura tra il passato e il presente. Managua è un po' lo specchio dei tempi. Il posto più adatto in cui perdersi, in cui smarrirsi, non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello dei valori e degli affetti». (A. Angelini)
La madre Eka, la figlia Marina e la nipote Ada sono le tre generazioni, tutte al femminile, della stessa famiglia. Vivono a Tblisi, in Georgia, in un vecchio appartamento dove spesso mancano la luce e l'acqua. Sono tre caratteri forti, carichi di speranze e di sogni: Eka, più di ogni altra cosa, vorrebbe riabbracciare suo figlio Otar, partito molti anni prima per Parigi, Marina desidera una vita più appagante mentre Ada è stanca della miseria del suo quotidiano e sogna di cambiare.
Contrariamente ai desideri però la vita delle tre donne scorre lenta e senza cambiamenti evidenti tra battibecchi e dispetti, tenerezze e affetto, fino a quando, un giorno, le notizie che giungono dalla Francia sono terribili: Otar, questo personaggio che mai appare ma attorno al quale ruota tutta la storia, purtroppo è morto in un incidente.
Per non dare un dispiacere ad Eka, Marina e Ada, con l'intento di proteggere la nonna da un dolore per lei immenso, fanno di tutto per nascondere la tragedia. A partire da quel momento, però, le loro vite cambieranno per sempre fino a quando Eka non scoprirà la verità.
Un ispettore di polizia alle prese con il caso della sua vita pronto a tutto per risolverlo. Un sedicente interprete in cerca del primo impiego. Un immigrato nel luogo e nel momento sbagliato. Su tutti, l’ombra del terrorismo internazionale.
«Colpevole fino a prova contraria non vuole puntare il dito e criticare la polizia italiana, ma è una critica al metodo globale usato per la lotta al terrorismo, una specie di pesca a strascico che purtroppo causa anche molte ingiustizie». (H. Krissane)
Tre uomini emigrati a Casablanca sono prigionieri dei loro sogni. Uno, Ismail, desidera ardentemente un lussuoso paio di scarpe; un'altro, Otman, di poter mantenere il suo unico cavallo rimasto in vita; e l'ultimo, Said, di rendere felice la propria famiglia, rimasta a vivere nel loro villaggio natale sulle montagne innevate dell'Atlante.
Il viaggio della speranza di due ragazzi afghani verso l’Europa. Dal campo profughi in Pakistan attraverso l’Iran e le montagne del Kurdistan, la Turchia. Cambiando mezzi di trasporto, passando dalle mani di un mercante di esseri umani all’altro si arriva a Trieste. Poi ancora, Parigi e finalmente Londra. Il film, di fiction, girato con una piccola troupe e telecamere digitali ricostruisce con impressionante realismo situazioni, dialoghi, drammi realmente vissuti.