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La nostalgia: quando dunque si è di casa?

La filosofa francese Barbara Cassin indaga il sentimento della nostalgia e il suo rapporto con la patria, l’esilio e la lingua.

di Nicole Valentini

In un saggio molto interessante, dal titolo: “La nostalgia: quando dunque si è di casa?” (Edizione Moretti & Vitali), la filosofa francese Barbara Cassin, indaga con maestria il sentimento della nostalgia e il suo rapporto con la patria, l’esilio e la lingua. La spinta che porta l’essere umano a muoversi da un luogo all’altro, sembra far parte della sua natura quasi si trattasse di una sorta di forza ancestrale. “L'essere umano non è un albero. Un essere umano non è una quercia...Dio ha dato all'uomo gambe e piedi affinché vada sulla terra, che è sua”, affermava il giornalista e scrittore austriaco Joseph Roth. Eppure è stato dimostrato che persino gli alberi in realtà si muovono. Secondo una ricerca, negli ultimi trent'anni negli Stati Uniti la migrazione degli alberi è avvenuta ad un ritmo elevatissimo (circa 15,4 km ogni dieci anni). Le cause potrebbero essere molteplici, come le attività umane, l'uso di pesticidi, i disboscamenti e i cambiamenti climatici. Se persino gli alberi si spostano in cerca di condizioni migliori, come potrebbero non farlo gli esseri umani? Nella società umana la migrazione rappresenta una costante antropologica che esula da qualsiasi contesto storico, geografico e culturale. Essa è tanto comune quanto trasversale: coinvolge sia il giovane europeo spinto ad emigrare in cerca di possibilità lavorative, sia l’esule, o il richiedente asilo, costretto a trovare rifugio in terre straniere. La migrazione ci porta poi ad indagare il concetto stesso di casa e assieme ad esso il sentimento della nostalgia. Anche se spesso si è portati ad identificare la “casa” con la terra natia, non sempre è il luogo fisico dei nostri primi ricordi a provocare in noi quella stretta al cuore chiamata nostalgia che la maggior parte di noi ha provato almeno una volta nella vita. È infatti possibile provare nostalgia anche per luoghi mai visitati o per terre appena intraviste. Kant affermava che “il nostalgico è sempre deluso, perché non è il luogo della sua giovinezza che vuole ritrovare, ma la sua giovinezza”, e continua: “quando poi essi ritornano in quei luoghi, sono molto delusi nella loro aspettativa, e così anche guariti; ritengono che ciò sia perché tutto si è profondamente alterato, ma in verità è perché non vi ritrovano più la propria giovinezza”. Eppure si potrebbe essere portati a pensare che forse non è neppure la giovinezza che il nostalgico va cercando, ma il luogo in cui esso è stato felice. Essendo l’infanzia, per la maggior parte delle persone, il periodo più lieto per antonomasia, esso coincide il più delle volte con la terra d’origine; non sempre però è così. Il termine nostalgia è un termine svizzero tedesco (Heimweh, letteralmente “nostalgia di casa”). Esso nasce come di una malattia nel XVII secolo. Secondo il dizionario storico della lingua francese, questo termine è stato inventato dal medico Jean-Jacques Harder, per descrivere il sentimento di mancanza del proprio paese. Nel suo dizionario della musica, Rousseau racconta di come quando i mercenari svizzeri di Luigi XIV udivano il canto degli alpeggi “ranz des vaches”, essi immediatamente disertavano. Questa melodia era tanto cara agli svizzeri, al punto che fu proibito, pena la morte, suonarla tra le truppe. Quelli che la udivano infatti, scoppiavano a piangere, disertavano e morivano, tanto accendeva nel loro animo l’ardente desiderio di rivedere il Paese”. Poema della nostalgia per antonomasia è l’Odissea e in questo libro Barbara Cassin racconta in modo mai banale di questo radicamento e sradicamento di cui Ulisse si fa portatore; ma ci racconta anche di Enea, anch’egli rifugiato, il quale scappando da Troia in fiamme porta con sè la sua patria e di Hanna Arendt, la quale decise di definirsi non in base ad un paese o a un popolo, ma soltanto rispetto ad una lingua. Ecco così che la patria si fa lingua materna. Questi solo alcuni dei temi trattati da Barbara Cassin in un interessantissimo libro che vale sicuramente la pena di leggere.