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Dietro la stazione

Editore: 
Keller
Luogo di edizione: 
Rovereto (Trento)
Anno: 
2013
Traduttore: 
Roberta Gado


Recensione: 

"Dietro la stazione ci sono le macchine dei soldati. Noi li teniamo d'occhio, il sabato mattina se ne vanno e la domenica sera lasciano di nuovo la macchina dietro la stazione. Aprono il baule e tirano fuori borse e valigie e le armi. Le armi non hanno il caricatore. Li guardiamo mentre si fanno il nodo alla cravatta e abbottonano la camicia. Infilano la casacca con le mostrine sulle spalle, calzano il berretto, parlano tra loro, passano davanti alla stazione e scompaiono oltre la curva di via dalla staziun."
Comincia così questo piccolo libro che con leggerezza ci porta in un altro luogo in un altro tempo. La vita di un piccolo centro viene raccontata attraverso gli occhi di un bambino, alcune case in una stretta valle di montagna, venticinque per l'esattezza "otto fienili, un'officina per le auto, un'officina per le moto, la stazione con la posta, due lavatoi con l'anno scolpito sopra, il capannone e il laboratorio del tat, una cabina telefonica, il chiosco della Mena e quattro cassonetti." Tre restorant, uno chiuso, qualche bottega. Poche persone, "quarantuno o quarantadue. Non sappiamo se il Tini Biott è una persona o due. Dobbiamo ancora scoprirlo." Il Gion Baretta che porta i conigli e li solleva per le orecchie, "Ecco, dice, hier vuala", il coinquilino Giacasep che "ha un negozio e i baffi", Herrorer e Fraurorrer che "vengono in paese solo nei uichend", il maestro di sci Luis da Schlans che sicuro ha rubato i dodici coniglietti, la Marina e l'Anselmo che sono italiani, l'Alexi che è "il cuafför del paese" e il Gion Bi che ne è invece il poeta. E i genitori, gli zii, lo zio dalle basette lunghe, il tat e la tatta, il fratello e gli amici, il Fido che "è vecchio e non ce la fa più." Poche figure in azione, così come sono viste e capite dal piccolo protagonista, perfettamente legate al luogo e umanamente universali.Tutti caratterizzati da azioni semplici, quotidiane, al massimo qualche esperienza di caccia e l'apparizione in valle della prima banana, mentre lentamente le cose cambiano, la vita procede dall'infanzia alla vecchiaia, la zia va perfino in vacanza, gli italiani vanno via, il tat si ammala e muore e "la gente del paese è riunita intorno alla tomba."
Questo mondo, dove il sole scompare per tre mesi, viene espresso in un linguaggio a brevi frasi spezzate, con una lingua che ripercorre l'oralità di una zona di confine, dove al romancio si mescolano dialetto e parole tedesche e italiane, con una ortografia deformata. Una sfida per la traduttrice: "nella versione originale le due lingue convivono con due pesi specifici diversi, e scopo della traduzione sarà introdurre l'italiano come lingua dominante, mantenendo però, a livello intratestuale, un peso specifico per il tedesco e uno per il romancio. La difficoltà consiste insomma, per usare un'altra metafora, nel dosare bene i vari ingredienti", dice in una intervista Roberta Gado.
Una lingua particolare che già da sola costruisce questo protagonista bambino e ne disegna l'ambiente, dà vita intensa a queste pagine.

Autore della recensione: 
Maria Rosa Mura