Tu sei qui

La mia casa è dove sono

Autore: 
Editore: 
Rizzoli
Luogo di edizione: 
Milano
Anno: 
2010

Recensione: 

Ha trovato la sua vena più felice Igiaba Scego in questo libro che sente la lezione del suo lavoro di giornalista: sintesi, concretezza, passione e poesia insieme.
È l'analisi diretta della sua esistenza, dei suoi rapporti familiari, dei suoi legami con la patria dei genitori e sua, dei rapporti con la storia e la cronaca dell'Italia in cui è nata e vive.
Una persona disegnata senza infingimenti, nelle difficoltà della bambina mal accettata dall'ambiente romano per il colore della sua pelle, nelle sofferenze dell'adolescente, nella consapevolezza faticosamente costruita di una personalità ricca di molte appartenenze.
Una famiglia ricollocata in un contesto storico, fatta riemergere dalla dimensione massificante di extracomunitari, ritornando all'indietro fino allo zio assassinato per motivi politici, fino al nonno, a chiedersi dei suoi rapporti di allora con gli italiani occupanti.
Una nazione, la Somalia, schiacciata dalla colonizzazione, dalla dittatura e da una guerra che non ha fine. Una nazione, l'Italia, amata come propria ed a cui quindi si muovono rimproveri con la dedizione appassionata del cittadino.
Il testo esordisce con una immagine di grande spessore: il disegno della mappa di una Mogadiscio che non esiste più, una città del passato, distrutta dalla guerra, come la ricordano le persone che ormai vivono lontano, disperse nel mondo. Una Mogadiscio perduta che è, invincibilmente, città dell'autrice, anche se non vi è nata, anche se non vi è cresciuta. Una sua Mogadiscio attorno a cui cresce la sua Roma che viene raccontata in un percorso che è anche un viaggio nella storia della famiglia.
Il teatro Sistina e il concerto di Nat King Cole che onora i giovani somali, tra cui suo padre, che seguono la scuola di politica dell'Italia del protettorato. L'elefantino di piazza S. Maria sopra Minerva e la nostalgia degli esuli nella storia della vita della madre. Il vuoto lasciato in piazza Capena dalla stele di Axum, un vuoto di memoria nella storia degli italiani*. Stazione Termini che accoglie le chiacchiere di tutte le diaspore, luogo di ritrovo per eccellenza. Trastevere e gli anni difficili in cui bisogna chiedere aiuto, talvolta concesso sotto ricatto. Lo Stadio Olimpico e la passione per la Roma calcio che la tiene legata, ragazzina confusa, alla città in cui vive. Ma non la tiene al riparo da una guerra lontana che travolge la Somalia e inghiotte per due lunghi anni anche sua madre.
In questo libro Igiaba Scego descrive una mappa*, racconta un percorso, il suo.
“Sono cosa? Sono chi?
Sono nera e italiana.
Ma sono anche somala e nera.”
Non si può dare una risposta netta, a rischio di arenarsi, si può solo raccontare: “Sheeko sheeko sheeko xariir...storia storia oh storia di seta”, così cominciano le fiabe somale, così comincia il libro.
Qui Igiaba Ali Omar Scego racconta “brandelli” della sua storia personale e familiare, raccontando insieme anche l'Italia.
“È Igiaba, ma siete anche voi”.

*Sulla stessa linea di pensiero Luca Acquarelli con l'articolo “Sua altezza imperiale. L'obelisco di Axum tra dimenticanza e camuflage storico” nel n.23 della rivista Zapruder, Storie in movimento, settembre-dicembre 2010, editore Odradek, numero come sempre monografico: “Brava gente, memoria e rappresentazioni del colonialismo italiano.”
La Scego ha paura di questo oblio degli italiani e scrive:
“Sarebbe bello un giorno avere un monumento per le vittime del colonialismo italiano. Qualcosa che ricordi che la storia dell'Africa orientale e dell'Italia sono intrecciate.”
*un'eco di Nurrudin Farah?
non a caso una citazione da "Rifugiati" di Farah apre il testo:
http://www.ilgiocodeglispecchi.org/libri/scheda/mappe
http://www.ilgiocodeglispecchi.org/libri/scheda/rifugiati-voci-dalla-dia...

Il romanzo viene ripubblicato nel 2012 presso i tipi Loescher, con un apparato didattico finale.

Autore della recensione: 
Maria Rosa Mura
Presentazione: 

"Sono nera e italiana. Ma sono anche somala e nera"
Abbiamo scelto di mettere in rilievo questo libro come omaggio a tutti i figli di immigrati che giorno dopo giorno, e spesso con la fatica di superare difficoltà esterne ed interiori, costruiscono una nuova ITALIA plurale che riesce a comprendersi, a convivere, a riconoscere la sua ricchezza.