Tu sei qui

Riva

Autore: 
Editore: 
Nottetempo
Luogo di edizione: 
Roma
Anno: 
2010
Traduttore: 
Cinzia Poli


Recensione: 

Una scrittura che, sebbene in traduzione dal francese, restituisce a chi legge la percezione della musicalità, di una ninnananna che culla il lettore. Non a caso il titolo originale Ru in francese significa “piccolo ruscello” ma indica anche lo scorrere in senso lato, mentre in vietnamita la medesima parola significa “ninnananna” e “cullare”. Tale immagine trova infatti pieno riscontro nello stile della scrittura, frammentato in brevi paragrafi, inframmezzati da spazi bianchi piuttosto ampi. L’impressione che si ricava dalle pagine è appunto l’opposto delle densità, è la leggerezza, sebbene la storia raccontata risulti tutt’altro che scorrevole e lieve. La “riva” infatti è la meta agognata che la protagonista - come molti altri suoi connazionali - vuole raggiungere, ritrovandosi stipata in una barca in condizioni inumane. Stanno fuggendo dal Vietnam lacerato dalla guerra per dirigersi in un campo profughi in Malesia per poi raggiungere - approdo definitivo - il Canada. La lettura può inizialmente apparire disorientante, proprio perché non segue un ordine cronologico, ma alterna scene di una vita agiata prima della partenza, del viaggio, del campo profughi e della vita in Canada, dove adulta crescerà con non poche difficoltà i suoi figli. Il punto di vista è fortemente connotato, soprattutto dal punto di vista di genere. Numerose le riflessioni sul proprio essere donna, sul rapporto con la madre e con i figli, ma anche sul ruolo delle donne in Vietnam: “Ci dimentichiamo spesso dell’esistenza di tutte queste donne che hanno portato il Vietnam sulle spalle, mentre i mariti e i figli sulle loro portavano le armi. Ce ne dimentichiamo perché, sotto il cappello conico, non guardavano il cielo. Aspettavano soltanto che il sole tramontasse sopra di loro per poter perdere i sensi più che addormentarsi. Se avessero atteso il sopraggiungere del sonno, si sarebbero immaginate i figli fatti in mille pezzi o i corpi dei mariti che galleggiavano su un fiume come un relitto […] Quando gli uomini sono usciti dalla giungla e hanno ricominciato a camminare sugli argini di terra intorno alle loro risaie, le donne hanno continuato a portare sulla schiena il peso dell’inconcepibile storia del Vietnam. Molte volte si sono spente così, sotto quel fardello, nel silenzio” (pp. 48-49). Il silenzio e il fardello del dolore, del distacco e del conflitto gravano sulla vita della protagonista che tuttavia non cede, senza per questo assumere mai i toni dell’eccezionalità o del rancore. Il fatto che in casa sua non debbano esserci muri di mattoni è un retaggio della sua esperienza di vietnamita, di abitante di un paese diviso: “non riesco ancora a condividere l’amore che la gente intorno a me prova per i muri di mattoni. Secondo loro, danno calore alla stanza” (p. 43). Un libro che invita, a partire dalla voce di una singola donna, alla riflessione sui grandi temi del nostro tempo, senza assumere toni didascalici né convenzionali.

Autore della recensione: 
Silvia Camilotti
Pagine di...: 

Pace e guerra: p.20