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Il sarto "indiano" di Santa Maria

La sartoria di Sultan Tipu: come il passaparola premia la professionalità e la simpatia dell’imprenditoria straniera a Trento

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di Manuel Beozzo

Il locale non è molto grande, ma decisamente ben organizzato. I vestiti - ammassati, appesi o impilati - hanno un ordine preciso: i pantaloni di jeans sono sullo scaffale dietro il bancone; le giacche e camicie sul portabiti in fondo; i ritagli di stoffa vicino alle macchine da cucire. Le postazioni di lavoro, nel poco spazio disponibile, sono sistemate ad opera d’arte: bottoni, cerniere e bobine di filo ordinati e divisi per colore o forma. I pochi metri quadrati del negozio sono utilizzati talmente bene tanto da trovare lo spazio anche per un vano per la prova vestiti.

Mi trovo nella sartoria e riparazione abiti di Sultan Tipu. Il negozio-laboratorio si trova in vicolo Morosante, una piccola laterale di Piazza Santa Maria Maggiore, luogo di ritrovo, in tempi passati, dei giovani e delle giovani che, prima e dopo la messa, si scambiavano, lontano da occhi indiscreti e bigotti, qualche dolce effusione amorosa. E da qui il nome; almeno così mi è stato romanticamente raccontato.

Il proprietario del negozio si chiama per l’appunto Sultan Tipu (39 anni), è nato in Bangladesh ma ciò nonostante è conosciuto ai più come il sarto indiano di Santa Maria. Da 14 anni vive a Trento e da circa 12, assieme al fratello (qui nella foto) Sipu Younus (37 anni), svolge l’attività di sarto. Un mestiere che, a detta dei clienti, riesce molto bene ai fratelli Sultan. Entrambi non sono soltanto abili sarti, ma anche piacevoli persone. Nonostante l’italiano un po’ stentato, sanno, da buoni commercianti, come creare, con una battuta, un rapporto personale con i propri clienti. Ma chi sono i loro clienti? Mi dicono quasi esclusivamente italiani, per una gran parte abituali, quindi accomunati dall’essere soddisfatti sia del lavoro svolto che certamente del rapporto qualità-prezzo-tempi di consegna della sartoria. Soddisfazione riscontrabile anche dal fatto che, nonostante i fratelli Sultan non investano minimamente in pubblicità, il lavoro non è mai mancato, merito della migliore réclame informale: il passaparola di clienti contenti. Ciononostante negli ultimi anni anche la loro attività sta soffrendo, in parte, anche per cause indirette. Se da una parte proprio a seguito della recessione si tende a riparare di più e a gettare via di meno (forse uno dei pochi effetti positivi che questo periodo di difficoltà economica ha portato), dall’altra, così mi dicono i fratelli Sultan, a causa del calo delle vendite nei negozi di abbigliamento, il loro lavoro viene meno richiesto. La triste legge dell’effetto domino: meno pantaloni venduti nei negozi di abbigliamento vuol dire meno pantaloni da accorciare.

Sultan Tipu è, stando ai dati pubblicati dal Cinformi sul rapporto 2013 sull’immigrazione in Trentino, uno dei 1.849 imprenditori stranieri non comunitari presenti in Provincia di Trento. Nonostante le difficoltà economiche del momento, incrementate da altri vari fattori come ad esempio la labirintica burocrazia italiana, la pressante tassazione sulle aziende, gli smisurati affitti dei locali, e via dicendo, in generale l’imprenditoria straniera in Trentino, rispetto al 2012, resiste decisamente bene alla crisi. Un segnale certamente positivo non solo dal punto di vista economico ma anche quale indice di un buon livello di apprezzamento dei commercianti stranieri da parte della società trentina. Sembrerebbe cioè che la loro professionalità sia gradita e (giustamente) ripagata dalla fiducia della clientela (autoctona e non), e che quindi sia sempre più l’abilità il criterio che definisce l’affidabilità e la bravura di un lavoratore, e non la sua nazionalità di provenienza.

Saluto e ringrazio i bravi e simpatici fratelli Sultan, che sicuramente rivedrò presto in qualità di cliente. Non mi resta che augurare a tutti buon lavoro!

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