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Migranti

Cosa intendiamo per accoglienza?

di Katia Raspollini 

Nel giugno scorso presso la sala della Fondazione Caritro a Trento l’Associazione Il Gioco degli Specchi in collaborazione con OLA – Oltre l’Accoglienza Volontari in rete per l’interazione - ha organizzato un incontro aperto alla cittadinanza e rivolto agli operatori dell’accoglienza centrato sulla presentazione del volume Accogliere rifugiati e richienti asilo. Manuale dell’operatore critico edito da Cesvot nel 2017, con la presenza degli autori Giuseppe Faso e Sergio Bontempelli.

La finalità dell’incontro è stata quella di stimolare un dibattito pubblico su questi temi in città e all’interno dei contesti di accoglienza in cui operano molti operatori, insegnanti e volontari. Il volume presentato come riporta il sito www.lavoroculturale.com è uno strumento che va messo “nell’officina per la costruzione di una barriera che resista alla barbarie”. L’idea di questa opera nasce all’interno di due associazioni che sono ADIF – Associazione Diritti e Frontiere – e Straniementi entrambe attive in Toscana: Adif si occupa di ricerca e formazione in materia di migrazioni e diritti per i migranti; Straniamenti, nata nel 2012, opera sia in contesti scolastici che all’interno della società civile favorendo il dibattito e la riflessione sui migranti e sull’integrazione. Il volume si articola in sette capitoli e tocca i seguenti temi: Chi è lo straniero che accogliamo?, La filiera dell’accoglienza in Italia, Campi profughi e Centri di accoglienza, Accoglienza e non sorveglianza, Per una ecologia delle relazioni, L’acquisizione della lingua italiana, La procedura di asilo. Durante la presentazione dell’11 giugno gli autori hanno messo in evidenza alcuni elementi che ci sembrano fondamentali e che vogliamo riportare sinteticamente: l’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo non è una concessione ma un diritto sancito dalla Convenzione di Ginevra e dell’articolo 10 della nostra Costituzione, la distinzione fra migranti economici e rifugiati è il prodotto della storia e di pratiche amministrative pluridecennali (Long 2013) e questo sta alla base della criminalizzazione delle migrazioni da lavoro; i centri di accoglienza non devono essere “gestiti” attraverso procedure di controllo e contenimento degli ospiti ma co-gestiti in accordo con i richiedenti asilo superando il concetto di “disciplina”; la figura dell’operatore dell’accoglienza ha il compito di costruire un percorso di fiducia attraverso relazioni positive con i richiedenti asilo, volte a superare la contrapposizione fra staff e ospiti basata su sterotipi ostili. Praticare ogni giorno la de-istituzionalizzazione dell’accoglienza è un compito di tutti noi ed in particolare dei soggetti che operano all’interno dei progetti di accoglienza. A questo proposito gli autori richiamano la necessità di recuperare la storia del lavoro dell’operatore dell’accoglienza che nel periodo fra le due guerre ha operato all’interno dei campi con i profughi europei.

Vogliamo concludere questo contributo citando una testimonianza che arriva dal campo profughi di Vasilika ai confini con la Calcidica e che va in questa direzione : “Stiamo cercando di portare qui dentro arte e bellezza all’interno: un posto non curato dal punto di vista estetico fa deprimere le persone e una famiglia depressa diventa un costo per la comunità. Quando le persone si deprimono, somatizzano il loro dolore e si ammalano più facilmente. Di recente i volontari hanno portato i profughi al planetario del paese vicino. Questo progetto è in linea con l’obiettivo di integrare il campo nel paese e il paese nel campo, coinvolgendo la popolazione della vicina cittadina di Thermi. È stato organizzato un food festival: dal campo sono partiti in novanta e hanno trovato mille persone che li aspettavano nella piazza del paese. Un momento emozionante, ballavano tutti assieme e la gente piangeva. La comunità si è avvicinata tantissimo alla questione ed i profughi non capivano nulla, ma ridevano tutti”