di Maria Rosa Mura
In tempi bui non serve cercare soluzioni in grandi teorie, ma bisogna provare a trovarle "negli incerti e spesso deboli lumini che alcuni uomini accendono", scriveva Hannah Arendt.*
Sono, anche questi, tempi bui. Domina la paura, in tutto cattiva consigliera. Non c'è pace, dall'11 settembre 2001 il terrorismo continua a riproporsi e migrazioni epocali portano ovunque il loro carico di sofferenza. Le risposte dei politici sono assolutamente inadeguate, opportuniste, retoriche, superficiali, mentre intellettuali pigri non esaminano i dati di fatto.
Le riflessioni di Umberto Curi, pensatore di rilievo nel panorama culturale dei nostri giorni, aiutano ad affrontare gli attuali momenti difficili. Il filosofo scrive* che per disinnescare i conflitti è necessario analizzare la situazione senza preconcetti, senza ideologie di parte, vedendo i problemi nel loro insieme e nelle loro interconnessioni.
Per Umberto Curi "Non vi potrà essere pace durevole senza una più equa distribuzione delle risorse, né potranno essere efficacemente scongiurati i rischi insiti nei trasferimenti di intere popolazioni se la forbice fra l'opulenza dei pochi e la miseria assoluta dei molti non sarà stata quantomeno ridotta. Nuovo ordine economico internazionale, governo dei processi migratori, controllo della conflittualità sono facce dello stesso problema, per il quale sarebbe dunque necessario elaborare risposte provviste dei medesimi caratteri di organicità e interrelazione."
La guerra è diventata uno stato permanente non per sconfiggere un nemico ben identificabile ma per contrastare ogni possibile mutamento, per garantire la permanenza dei privilegi di alcuni rispetto ad altri, diritti considerati acquisiti e intangibili. È quanto dichiara la cosiddetta dottrina Bush: "Il tenore di vita dei cittadini americani non è negoziabile" (G.W Bush 24 giugno 2002). Un progetto di pace durevole, ricorda il professor Curi, lo troviamo già nelle pagine di Immanuel Kant. Per Kant la naturale bellicosità dell'uomo deve essere progressivamente domata mediante la legge. La pace non è un'aspirazione, un desiderio, ma un obiettivo da costruire in maniera graduale "come il risultato di un ordinamento giuridicamente definito". In particolare per disattivare la guerra ci vuole un complesso di leggi che riconoscano le condizioni dell'ospitalità universale. "Qui non è in discussione la filantropia, ma il diritto, sicché l'ospitalità coincide con il diritto di uno straniero a non essere trattato come nemico, dato che, prosegue Kant, "nessuno ha più diritto di un altro ad abitare una località della terra". L'ospitalità universale deve essere considerata uno dei pilastri imprescindibili per il conseguimento della pace perpetua. Il diritto deve regolare i rapporti tra gli uomini nel rispetto reciproco, senza che l'uno depredi l'altro.
Un concetto analogo esprimeva, con parole diverse, profetiche, papa Woityła: "Se l'Occidente vuole la pace deve digiunare" Se si vuole evitare la guerra, occorre disporsi a quel "digiuno", che altro non è se non la disposizione a rinegoziare il tenore di vita dei cittadini dell'Occidente.
A parte il Papa e il movimento pacifista, si chiede Umberto Curi, chi può tradurre in pratica politica il contrasto alla guerra infinita se non l'Europa? Sono inescusabili i ritardi dei paesi del ricco occidente nel perseguimento degli 'obiettivi del millennio'. Sono dati di fatto che il persistere della povertà a livello planetario non è frutto di scarsità di risorse, ma il risultato di scelte politiche molto precise compiute dai paesi economicamente più sviluppati. Come è altrettanto evidente che gli attacchi suicidi non sono conseguenza di una particolare 'mentalità' o scelte religiose. Vale a dire che finché dura la drammatica situazione di squilibrio nella distribuzione delle risorse, guerra e terrorismo saranno inevitabili e sempre più i paesi economicamente più fortunati dovranno vivere asserragliati nelle loro stesse ricchezze, dovranno convivere con la paura, dovranno impiegare risorse imponenti per cercare di tutelare la propria sicurezza. È necessario averne coscienza e premere per affrontare i problemi nella loro complessità e alla radice.
Non siamo politici, non siamo intellettuali, non abbiamo potere. Ma possiamo accendere tanti lumini.
*Hannah Arendt, L'umanità in tempi bui, Cortina editore, raccolta di saggi pubblicati in inglese nel 1968
*Umberto Curi, I figli di Ares, Castelvecchi, 2016