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Società

Se i rifugiati giocano a basket

Il lato sociale dello sport

di Manuel Beozzo

Sono diverse le strade da percorrere per promuovere l’inclusione sociale, intesa come interazione tra culture. Una di queste è sicuramente lo sport. Lo sport, nelle sue varie forme, aggrega, è portatore di valori e agisce in modo positivo sulla considerazione di sé e da parte degli altri. Queste e altre valutazioni hanno portato a una collaborazione tra la squadra di basket trentina Dolomiti Energia con ATAS e Centro Astalli, coordinate dal Cinformi. Nasce così il progetto “One Team”. L’iniziativa avviata nella stagione sportiva 2015/16 ha dato la possibilità a una trentina di rifugiati e richiedenti asilo di allenarsi settimanalmente sotto la guida dell’allenatore della Dolomiti Energia. L’esperienza deve essere riuscita a dare i risultati attesi, visto che per la stagione sportiva 2016/17 questa attività è stata ripetuta e in maniera più strutturata con il nome di “Basketball: a world in a word”. In primo luogo, per questa seconda tornata, l’iniziativa ha ricevuto un sostegno finanziario di circa 20.000 Euro da parte della Commissione Europea. Inoltre l’Università degli Studi di Trento è stata coinvolta nel progetto, occupandosi del monitoraggio e della valutazione del progetto. Lo scopo è quello di, come si legge dal sito della società sportiva, “capire quale impatto può avere sui richiedenti asilo un’esperienza di integrazione che passa attraverso lo sport”. L’organizzazione delle attività di monitoraggio e valutazione sono state affidate a Cristiano Vezzoni, del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, già coinvolto nel progetto SuXr – Studenti Universitari per i Rifugiati.

Da gennaio e per i prossimi sei mesi 25 rifugiati e richiedenti asilo, provenienti da Senegal, Mali, Gambia, Ghana, Nigeria, Guinea, Costa d’Avorio e Afghanistan, si stanno allenando, rigorosamente in italiano, due volte a settimana. I ragazzi che prenderanno parte agli allenamenti sono stati intervistati all’inizio del progetto e lo saranno nuovamente alla fine, per valutare gli effetti, auspicabilmente positivi, dell’attività sportiva. Interessante notare che lo svolgimento delle interviste, supervisionate da Cristiano Vezzoni, è affidata ai partecipanti alla seconda edizione del progetto SuXr. Nonostante il progetto sia in fase di svolgimento, chi lo sta seguendo evidenzia dei progressi riscontrabili non solo sul miglioramento della loro condizione psico-fisica, ma anche della conoscenza della lingua italiana, dell’autostima, di allargamento della rete di contatti e di una percezione di accettazione. Scomodando detti antichi, la locuzione mens sana in corpore sano (mente sana in un corpo sano) si adatta molto bene a questo contesto. Si aggiunga che, come già notato in altre occasioni, la collaborazione tra vari attori aumenta non solo l’impatto di un’iniziativa ma crea un ambiente sociale che, combattendo l’ostilità, crea socialità. Il benessere del singolo, reso dall’ambiente sportivo, si abbraccia con l’allargamento a ragnatela di enti sensibili e attivi verso un fenomeno, o per meglio dire  persone che, il più delle volte, avrebbero solo necessità di essere prese seriamente in considerazione.

 

 

 

 

 

 

 

Per approfondire: Dolomiti Energia Basket Trentino for No profit; video progetto “One Team”.