Le poesie hanno come temi dominanti i problemi legati all’immigrazione. In esse si accenna alle difficoltà che questi cittadini affrontano nel loro percorso migratorio: lo sradicamento, la nostalgia, la solitudine, le aspettative spesso naufragate, le difficoltà di inserimento nel contesto sociale nuovo, il desiderio di realizzarsi dal punto di vista professionale, economico e familiare, i fallimenti, ecc. Problemi così drammatici dei quali la società civile del terzo millennio è testimone.
Il testo curato da Raffale Taddeo rappresenta qualcosa di più di un’antologia, nel senso che non si limita a raccogliere una serie di passi, che sia prosa o poesia, selezionati all’interno della ormai grande produzione di testi scritti dagli immigrati in Italia.
Un architetto iracheno racconta di come sia solo in Italia, lontano dalla patria e dalla famiglia che ha lasciato per venire a studiare in Europa. Abbandonato dalla moglie, conduce una vita in solitudine, senza credere nell’amore. Ma la passione che suscita in una ragazza marocchina, una povera clandestina prostituta, portata sulla sua strada dal caso, fa rinascere il calore nel suo cuore.
La raccolta di racconti curata da Laila Wadia, già autrice di numerose storie e di un romanzo, riunisce autori immigrati in Italia dalle più diverse parti del mondo sotto il segno della… forchetta.
L’idea che anche il cibo e la sua preparazione possano trasformarsi in momento di condivisione, in occasione di ricordo, in tentativo di sconfiggere il vuoto di sensazioni, odori e atmosfere appartenenti al passato di ciascuno attraversa e sostiene il testo, che tuttavia non scivola in romanticismi banali e strappalacrime.
«Con gli anni ho capito che il signor Zacchigna non era un tipo malvagio, al contrario. Non è da tutti affittare le case agli extracomunitari. Molta gente non si fida. Pensano che il passatempo preferito degli immigrati sia distruggere le dimore per poi scappare via senza pagare l’affitto».
Questa una delle frasi che si incrociano nelle pagine di apertura del primo romanzo di Laila Wadia, scrittrice indiana che vive e lavora a Trieste e che da qualche anno ha iniziato a dedicarsi alla composizione in lingua italiana.
Il romanzo chiude il ciclo di puntate radiofoniche del programma Cammei. In onda il 26 giugno alle ore 16.00 sulle frequenze della Rai regionale.
Si tratta di 15 racconti che dipingono molti personaggi dell'immigrazione in Italia, provenienti da diversi paesi.
«Scrivere, vuol dire sognare, visitare luoghi lontani, fare compagnia a persone sconosciute, dialogare, abbattere i muri che ci dividono, superare gli ostacoli che c’impediscono di capirci l’un l’altro. Poi, nel mio caso, significa soprattutto ritrovare, e quindi ricomporre un’esistenza che, ad un certo punto, mi è sembrata annichilita» (p.15).
È la sospensione del movimento già sospeso, quello che prospettano i racconti proposti in questo volume. Essi tendono a cogliere, con una fantasia astrusa ed ironia sottile, gli attimi inerti in un ambiente, il carcere, dove l'«evasione mentale» costituisce l'unico itinerario percorribile. Geometria ardua di un luogo dove le certezze timide sono perennemente alluvionate di sconfitte e repressioni. Per fortuna, di tanto in tanto, frammenti di quegli echi inquietanti trovano la strada sul foglio bianco, affermando, seppure con secoli di ritardo, che la terra è davvero mobile.
I libri di Stanišić, e anche questa silloge di sette racconti, sono un continuo movimento di viaggio da una parte all'altra della terra, dalla Bosnia al Friuli soprattutto, ma anche dalla Bosnia all'Australia, al Canada all'Oriente. Sempre però lungo uno stesso binario: quello di una scelta etica nella vita.Si contrappongono spesso personaggi egoisticamente ignari, o volontariamente egoisti, a pacifisti disponibili, a uomini attenti, solidali.
Sono due racconti, di cui diamo solo un'indicazione sintetica, nell'impossibilità di rendere il profumo di questo scritto. Ne vanno assaporati lentamente i pensieri e gli accenni, la complessità dei rimandi, i ricordi che affiorano, le autoironie, i paesaggi, l'odore e lo scintillio della neve.Il primo, che dà il titolo al libro, è una conversazione a più voci tra diverse persone che si incontrano in “uno di quei treni che vanno da Ovest a Est e da Est a Ovest”.