
Si tratta di 15 racconti che dipingono molti personaggi dell'immigrazione in Italia, provenienti da diversi paesi.
«Scrivere, vuol dire sognare, visitare luoghi lontani, fare compagnia a persone sconosciute, dialogare, abbattere i muri che ci dividono, superare gli ostacoli che c’impediscono di capirci l’un l’altro. Poi, nel mio caso, significa soprattutto ritrovare, e quindi ricomporre un’esistenza che, ad un certo punto, mi è sembrata annichilita» (p.15).
È la sospensione del movimento già sospeso, quello che prospettano i racconti proposti in questo volume. Essi tendono a cogliere, con una fantasia astrusa ed ironia sottile, gli attimi inerti in un ambiente, il carcere, dove l'«evasione mentale» costituisce l'unico itinerario percorribile. Geometria ardua di un luogo dove le certezze timide sono perennemente alluvionate di sconfitte e repressioni. Per fortuna, di tanto in tanto, frammenti di quegli echi inquietanti trovano la strada sul foglio bianco, affermando, seppure con secoli di ritardo, che la terra è davvero mobile.
Un testo decisamente insolito.
Paola Zaccaria ci offre i risultati di una riflessione pluriennale e ad ampio spettro sulla lingua e sulla traduzione, con un'indagine in profondità su singole parole, semanticamente dense.Il discorso affronta molti temi: la posizione della donna, “straniera” in ogni contesto, il rapporto tra culture nel passato ed oggi, il senso del vivere “sulla soglia”, al confine, l'identità che si allarga come radice a rizoma e non scolorisce nel confronto con l'altro, lo scrivere e il tradurre da lingue creole e di frontiera.
Il gallo fa l'uovo una volta sola, va presa al volo l'occasione irripetibile. L'occasione di vivere, come si può, arrangiandosi ed aiutandosi, anche quando ci si scontra, con umana simpatia.Un condominio di cinque piani a Casablanca, con i suoi diversi abitanti, una realtà sempre difficile, non certo quella della borghesia francesizzata o dei corrotti e ricchi sauditi.
La protagonista ritorna nella casa paterna, nella montagna altoatesina, per il funerale del padre. Se ne era andata anni prima, studiando, lavorando e godendosi la città. E' un momento di riflessione sulla propria esistenza, sui rapporti familiari, ma soprattutto sulla profonda separazione tra i due mondi culturali, italiano e tedesco, che abitano nella stessa terra. Olga ha attraversato questa frontiera e si è legata ad un italiano, un meridionale.
Nella Merano del 1939 tutti devono scegliere: restare tedeschi o diventare italiani. La famiglia del racconto decide di essere fedele alla sua identità ed emigra in Austria. Ma quanto è stata libera nella scelta e con quali conseguenze?
Il protagonista è un ragazzino che dall'Austria si reca in Svizzera dove ha ottenuto il privilegio di studiare in un collegio. Il testo esprime la sua solitudine lontano da casa, la timidezza per la povertà che lo costringe a restare anche d'estate. Sono i giorni sempre uguali nella casa della regola, fusi in una massa unica, nel silenzio obbligato, con un senso di freddo e di estraneità. "Ero il più piccolo e avevo i capelli lunghi. E inoltre ero l'unico straniero. Dovevo avere un odore diverso".