
Il testo è autobiografico, ma della protagonista, portoghese-angolana, si parla in terza persona.
Il breve romanzo dello scrittore afgano, che ora vive a Parigi, racconta il viaggio di un nonno con un nipote, nell’Afghanistan dell’occupazione sovietica degli anni Ottanta, per raggiungere Morad, il rispettivamente figlio e padre al lavoro in una miniera. Il pesante fardello che consuma l’anziano è il dovere di informare il figlio che la sua famiglia è stata cancellata dai bombardamenti e l’unico figlio rimasto, che porta con sé, ha perso l’udito.
Il romanzo è presentato nella puntata radiofonica di Cammei il primo maggio 2009, Radio due regionale.
Un gruppo di guerriglieri angolani è in azione contro i portoghesi nella foresta vergine del Mayombe. Tra loro si sviluppano legami, amicizie, ostilità, raccontati nello svolgersi dei fatti e con pagine affidate a diversi io narranti. Più che un resoconto di guerra il testo è un'analisi dei rapporti degli uomini del gruppo tra loro e con le persone che amano, nonché un puntiglioso esame delle loro azioni: un libro complesso, di riflessione etico-politica, di azione e di sentimenti.
"Volesse la terra" crea in 15 diversi frammenti un affresco che ancora in modalità diverse dal testo precedente cerca di definire le ragioni della vita umana, il senso del dolore, l'importanza del piacere e dell'amore.Si comincia col mito: nel mondo di proibizioni di quella valle troppo stretta, sul cui fondo “rantola, si prosciuga o rumoreggia il torrente. Più inutile di un fumo di candela...”dove il curato predica un “dio ingordo di spine” arriva Enziana, una donna diversa dalle altre, bella come una fata.
C'è sempre una statua di tiranno abbattuta con furia felice e bestiale nella rivolta, quella vista di recente in TV, quella del primo romanzo di Ron Kubati, statue di tiranni che affondano come alberi radici nel sangue del popolo (Bashkim Shehu). Nel prologo di questo libro a cadere è la statua dello scià di Persia, una caduta che si ripete (pag.
Una terra, la Bosnia, che ha visto la convivenza fianco a fianco di molte popolazioni, la sopravvivenza di lingue e culture diverse. Bosniaco turco arabo persiano ladino (spagnolo sefardita) sopravvivono insieme e si contaminano nelle parole, nei generi letterari, nei temi privilegiati.
Il libro racconta di un incessante movimento di persone che migrano tra l'Italia e l'Argentina e viceversa, più generazioni che si spostano cercando benessere, sicurezza, rifugio, portando sempre con sé il peso della nostalgia. Sono donne che raccontano storie di intere famiglie, in un intrico di parentele, danno voce al peso dell'attesa, al dolore dell'abbandono e alla solitudine, allo strappo della fuga da una dittatura di nuovo verso la terra dei padri.
Ci troviamo in Messico, un paese dominato da una classe dirigente corrotta e che sta diventando preda del capitalismo nordamericano che cancella le sue tradizioni. Nel mondo è scoppiato il conflitto arabo-israeliano che trova echi a livello di scuola e di quartiere. Questo lo sfondo su cui si sviluppa, appena accennato, il tenero sentimento d’amore di un ragazzo.
I dipendenti neri della linea ferroviaria Thiès-Dakar-Bamako, nel Senegal, organizzarono nel ’47 uno sciopero di sei mesi. Il romanzo rievoca questo fatto storico, la lotta durissima con morti e prigionieri, la fame inenarrabile, l’attiva partecipazione delle donne che, nell’emergenza, superarono i confini del loro ruolo tradizionale.
E’ la vita di un poeta che si innamora e vive all’ombra della più famosa cantante araba dei nostri tempi, Umm Khaltum, un rapporto intenso e profondo che li accomuna nell’arte e per l’intera esistenza. Sullo sfondo l’Egitto dall’epoca coloniale al momento della morte dell’artista nel 1975, dal re Fuad e suo figlio Faruk a Nasser, Sadat e alle guerre contro Israele.