Dedichiamo questo spazio ad un testo che non si occupa di migrazione, ma di una attività che ad essa si relaziona strettamente: la traduzione. Si tratta di una riflessione continua, sostanziata di esperienza e di colti riferimenti, sul lavoro di chi traduce, l'arte o, come dice Ilaria Vitali, l'artigianato, la sartoria del traduttore. "Gestisco una sartoria clandestina: cucio storie adattandole come abiti su misura per la gente. Gente che ha un'altra taglia, parla un'altra lingua, muove i suoi passi su un altro fondale." Non uno stilista però, solo "un sarto di scampoli.
Terzo romanzo della scrittrice albanese residente in Italia dal 1997, segue Rosso come una sposa e L'amore e gli stracci del tempo, entrambi recensiti in questo sito.
Al centro temi come la maternità e l'amicizia tra donne, che un legame di sangue, quale un figlio rappresenta, rischia di far vacillare.
Il testo di Gabriella Kuruvilla racconta parte della geografia milanese dei nostri giorni, a partire da un crocevia di strade, luoghi e vite. Non a caso i quattro capitoli che compongono il testo hanno come titolo "Via Padova", "Viale Monza", "Sarpi", "Corvetto".
L'esordio narrativo di uno dei più noti scrittori romeni contemporanei si caratterizza da subito per la nota presente anche nel romanzo successivo, Sono una vecchia comunista!: l'ironia che sfocia spesso nella comicità, la rappresentazione scanzonata di un paese, la Romania, prima e dopo la dittatura di Ceausescu, lo sberleffo nei confronti di quest'ultimo. Tuttavia la penna scanzonata di Lungu non risparmia nessuno, nemmeno i vizietti e le manie dei molti romeni che popolano queste pagine.
Via delle Acacie, anni novanta: siamo in periferia, in una strada alla periferia di una città, tra persone di una società ai margini, in una Romania ai confini dell'Europa. L'epoca Ceausescu è finita e la gente si muove nell'incertezza, tra vecchie abitudini, nostalgie e grandiosi progetti.
Il titolo della raccolta di storie, inserite in una unica, ampia cornice, indica una miscela di spezie indiane, rappresentativa del testo sia in senso reale che metaforico.
Le vicende che il libro riunisce si snodano intorno al cibo e alla cucina e vedono differenti protagonisti indiani, sia in patria che in contesti di emigrazione.
Cristiano Spila è curatore del testo di Leone Africano, Viaggio in Marocco, taccuino illustrato di un avventuriero del '500. Il Marocco e la città di Fez del ‘500 riprendono vita davanti ai nostri occhi grazie alle splendide immagini che ne riproducono gli scorci e le atmosfere – la magia delle sue case, le fontane, le vie del suk, gli hamam, le osterie, le moschee – e al racconto suggestivo di Leone Africano, scrittore arabo giunto come schiavo alla corte del Papa nel 1517.
Questo è il terzo volume della “Trilogia degli schiavi”: ne “La costa degli schiavi” Hansen raccontava di migliaia di esseri umani fatti prigionieri per essere venduti, ne “Le navi degli schiavi” la terribile traversata dell'Atlantico, qui ricostruisce la terribile condizione nelle piantagioni di canna da zucchero nell'arco di due secoli.
Siamo nelle Isole Vergini, nel mar dei Caraibi, a est di Portorico, possedimenti danesi fino al 1917 quando furono vendute agli USA, ora nota meta turistica e paradiso fiscale.
A partire da un fatto realmente accaduto, il terremoto che distrusse nel 2003 Bam, città iraniana caratterizzata da una antica fortezza, si snodano le vicende di un nonno e della sua giovane nipote, unici sopravvissuti della numerosa famiglia. La ragazzina, autistica, si caratterizza per una bellezza fuori dal comune, che la farà precipitare nel traffico di giovani donne destinate a soddisfare ricchi e oscuri personaggi.
È un libro di memorie e di atmosfere, da cui emerge a tessere di mosaico l'immagine di una famiglia con tutte le sue ramificazioni (“ho già versato una discreta quantità di cenere in questa enorme urna di famiglia”) e insieme di una lunga epoca storica. Non c'è un racconto avventuroso, una storia d'amore avvincente, un mistero da chiarire, ma non si riesce a staccarsi da queste pagine di grande letteratura, fitte anche di continue riflessioni sulla scrittura, sulle sue modalità espressive, sul suo significato.
Un testo che racconta, dal punto di vista degli africani, il periodo coloniale, con una accurata ricostruzione di ambiente, tradizioni e personaggi. Keita, re di Soba, è convinto che basteranno la protezione degli avi e di Allah, per difendere dagli invasori la sua capitale, ma grazie a questa convinzione i 'Nazareni' occupano il suo regno senza nemmeno combattere e lo sottomettono alla loro autorità lasciandogli solo l'apparenza del potere.