Una storia che nasce e finisce a Lampedusa, che però presenta il punto di vista di chi nell'isola ci vive, con le bellezze e le fatiche che un contesto simile inevitabilmente porta con sè. Protagonisti due adolescenti che crescono, insieme, anche se a distanza, visto che Giulia passa solo le vacanze nell'isola mentre Salvatore ci vive, seppure con mille dubbi sul futuro.
Che cosa accade in un autore quando decide di abbandonare la sua lingua per scrivere in una diversa dalla propria? Che cosa si perde in questo passaggio e che cosa si acquista? E poi, perché si lascia una lingua per adottarne un’altra? Sono alcune delle domande sulle quali cerca d’interrogarsi questo libro. Passare da una lingua a un’altra significa porsi di fronte a un rischio. Non si tratta di avere più o meno dimestichezza quanto essere nella lingua, imparare a osservare e a interpretare il mondo alla luce di una nuova esperienza. Questo fatto presuppone comunque una rinascita.
Un libro appassionato e incoraggiante che racconta con precisione giornalistica senza tuttavia perdere in coinvolgimento e empatia tante piccole e grandi scuole pubbliche italiane che si sono dovute ripensare per accogliere i nuovi studenti arrivati e ancora in arrivo da ovunque.
Adua, ultimo romanzo di Igiaba Scego edito da Giunti, è una storia a due voci: quella di un padre, Zoppe, e quella di una figlia, Adua, che presta il nome al titolo. Entrambi nati a Mogadiscio, condividono con l’autrice le origini africane. L’incipit del romanzo vede la protagonista chiacchierare con l’elefantino dalle grandi orecchie di piazza Santa Maria sopra Minerva a Roma. La donna riporta alla memoria tutta una vita, con un continuo movimento che procede in avanti e torna indietro, riscrivendo vicende che, nel ricordo, ogni volta, assumono un significato diverso.
È un libro breve, 87 pagine con l'indice, un punto di vista poco importante, quello di un bambino, un angolo marginale di una città, Kigali, che non si saprebbe indicare sulla carta, persa in un paese, il Rwanda, di cui conosciamo il nome solo per i massacri che vi sono avvenuti, in un continente immenso e differenziato che nominiamo con ignoranza al singolare, l'Africa. In queste poche pagine l'autore ci dà molto, ricrea situazioni e ambiente a partire dal piccolo Clement e dai suoi rapporti con la zia e con il vecchio Emanuel.
Amara Lakhous torna in libreria con un avvincente romanzo giallo. L’autore porta nel titolo una verginella e via Ormea. Tra questi due elementi è racchiusa l’intera vicenda. Fa da sfondo la Torino dei giorni nostri dentro la quale si muove una famiglia medio borghese con la sua verginella di quindici anni, un cugino nero, una nonna matriarca e tutti gli abitanti di questa famigerata via Ormea. Una tragedia colpisce la più conservatrice di tutte le famiglie torinesi: Virginia, rigorosamente vergine anche nel nome, viene stuprata proprio nella via in cui abita. Nulla sarà più come prima.
Si tratta di un racconto autobiografico, che mette a nudo la tragedia familiare dell'autore e insieme dà conto della realtà libica, passata e recente, della situazione geopolitica, con le manovre egiziane e quelle della Gran Bretagna di Blair, risalendo nella storia fino alla violenta occupazione italiana.